Questa è la lettera al Presidente della Repubblica che sabato 13 maggio 2017 Mario Staderini consegnò al protocollo del Quirinale, restando poi in piedi al centro della piazza praticando il “duran adam”, con in una mano una penna e nell’altra il modulo referendario. Era l’inizio della campagna per riconquistare il diritto a promuovere il referendum.
Signor Presidente,
non mi rivolgo a Lei come militante radicale – sono stato segretario di Radicali italiani del 2009 al 2013- , bensì come cittadino della Repubblica cui lo Stato italiano nega un diritto fondamentale: partecipare alla vita politica del Paese attraverso la promozione di referendum e leggi di iniziativa popolare.
Ho 44 anni, metà dei quali spesi dedicando il tempo libero e la passione civile proprio raccogliendo firme insieme ad altri cittadini, contribuendo così ad attivare democrazia e Costituzione.
Dopo anni di convenzione antireferendaria, oggi questo diritto ci è negato alla radice.
Raccogliere le firme è praticamente impossibile perché la legge n. 352 del 1970 pone in capo ai promotori l’onere di raccogliere le sottoscrizioni in presenza di un pubblico ufficiale autorizzato ad autenticarle (ovvero amministratori locali, notai, cancellieri dei tribunali, segretari comunali), senza però porre alcun obbligo per questi pubblici ufficiali di mettersi a disposizione per la raccolta. Accade così che migliaia di cittadini che vorrebbero impegnarsi in questo esercizio di democrazia siano impediti di farlo, visto che gli amministratori locali di norma si rendono disponibili solo per le iniziative del proprio partito mentre gli altri pubblici ufficiali non si trovano in numero sufficiente neanche pagandoli 25 euro l’ora.
Basterebbero poche righe per emendare la legge 352 del 1970, ad esempio prevedendo, oltre un futuro sistema di firma telematica, che il Comitato promotore possa indicare i cittadini cui verrà affidato l’onere di attestare la veridicità della raccolta firme. Prassi oramai accettata e diffusa a livello internazionale, dagli Stati Uniti alla Svizzera, finanche alla Repubblica di San Marino, utilizzata anche in Italia per le iniziative popolari a livello locale.
Senza rimuovere l’ostacolo degli autenticatori, insieme a quello delle vidime e delle certificazioni, nessun cittadino può esercitare i suoi diritti referendari, oramai esclusiva solo di grandi partiti e organizzazioni sindacali, gli unici che hanno a disposizione decine di migliaia di pubblici ufficiali che autentichino gratis le firme sulle loro proposte. La storia degli ultimi anni lo conferma: anche solo a guardare il 2016, tra tante iniziative referendarie avviate da diversi Comitati promotori, le uniche che hanno superato le 500 mila firme sono quelle portate avanti dal Partito Democratico (al Governo) e dalla CGIL.
Il Parlamento e il Governo sono a conoscenza dei problemi come delle soluzioni, ma nulla è cambiato.
Nel 2013, al termine di una campagna referendaria fallita per queste ragioni, da segretario di Radicali italiani scrissi a tutti i parlamentari della Repubblica, allegando i testi degli emendamenti alla legge 352/70 che avrebbero permesso di rimuovere questi ostacoli. Nel 2016 abbiamo inviato nuovamente le stesse proposte, migliorandole.
Il Governo non ha in programma alcuna iniziativa a riguardo, nonostante in questi anni sia stato ripetutamente richiesto il suo intervento, da ultimo nel 2016 da parte del Comitato promotore del referendum per parti separate, del Comitato per il no alla riforma e del Comitato per il no all’Italicum.
Sono stato costretto a portare lo Stato italiano davanti al Comitato diritti umani dell’ONU per violazione del Patto internazionale dei diritti civili e politici, ovvero i diritti referendari. Giudizio che è stato ritenuto ammissibile, grazie al lavoro svolto dal professor Cesare Romano e dalla Loyola Law School di Los Angeles, nonostante il Governo italiano si difenda al solo fine di far rilevare inesistenti vizi procedurali.
Non accetto di adeguarmi all’uso purtroppo diffuso di raccogliere le firme in violazione della legge, né posso tollerare di essere privato ancora del mio diritto, anche perché ne va della credibilità della democrazia italiana e delle sue istituzioni.
Per questo mi rivolgo a Lei, Presidente, avendone apprezzato in questi anni il sapere giuridico e il rigore con cui adempie alle Sue prerogative.
Cosa deve fare un cittadino italiano che si vede negato un diritto fondamentale e che si è rivolto invano a tutte le istituzioni di questo Paese?
Confido, signor Presidente, che Lei saprà fornire una risposta non solo a me ma tutti gli italiani.
La Sua attenzione alle modifiche necessarie alla legge elettorale mi rende fiducioso sulla possibilità di rimuovere contestualmente anche gli ostacoli che impediscono agli italiani l’esercizio del diritto alla “seconda scheda” riconosciuta dalla Costituzione, quella referendaria. Il testo base della legge elettorale, licenziato dal Presidente Mazziotti, prevede aperture in tal senso, ma a leggere le cronache dei giornali sembra destinato a poca gloria.
Consapevole delle difficoltà di questo percorso, sto valutando le forme di partecipazione fisica e nonviolenta per sostenerlo.
Con Osservanza
Roma, 13 maggio 2017
Mario Staderini